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Marco Focchi

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Due fondamentalismi opposti ma convergenti

Nel mezzo di quella che molti commentatori hanno definito una guerra nel cuore dell’Europa, e nel momento in cui le piazze si mobilitano con slogan contrastanti che affermano la libertà d'espressione ("je suis Charlie") o il sostegno di una fede ("je suis muslim") Vanessa e Greta, le volontarie italiane rapite in Siria alcuni mesi fa, vengono liberate dopo lunghe trattative svoltesi ovviamente fuori dai riflettori dei media. È stato pagato un riscatto? Il ministro degli Esteri, senza risultare convincente, in Parlamento afferma di no. I terroristi naturalmente non sono persone che liberano un ostaggio perché si sono stancati di vederselo intorno. Una contropartita d'interesse deve esserci, che non necessariamente si concreta in denaro. Le trattative possono riguardare scambi di prigionieri, garanzie d'incolumità, vantaggi politici o bellici di qualunque genere siano. Il denaro resta tuttavia l'ipotesi più forte, anche se la meno sostenibile pubblicamente, giacché tutto il denaro che affluisce nelle casse dei sequestratori finisce per finanziare la guerra alimentando ulteriori atti di terrorismo.

Con l'unica ipotesi del denaro ben salda in testa allora, un politico che non si è mai segnalato per una sua particolare apertura mentale, lancia un Twitter non molto sofisticato, destinato a colpire l'immaginazione più ruvida negli strati di popolazione più poveri (dal punto di vista ideativo) facendo leva sui fantasmi maschilisti più vieti. "Sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo", cinguetta senza sforzo di perifrasi il politico.

Le due ragazze, appena tornate in patria, interrogate dai magistrati hanno affermato di non essere state picchiate né violentate. C'è però qualcosa – per un certo tipo di mentalità bloccata in una zona oscura rispetto alla quale il medioevo era senz'altro un'epoca di straordinario progresso – che rende difficile pensare a due ragazze accanto a un certo numero di uomini per un determinato tempo senza che questa vicinanza si trasformi risveglio libidico e sfoci in atti sessuali. La deduzione del politico in questione è immediata: se non c'è stata violenza è perché i rapporti sono stati consensuali, e noi cittadini italiani paghiamo questa costosa vacanza alle due ragazze perché si tolgano lo sfizio di  un'avventura erotica con dei baldi guerriglieri.
Questo episodio desolante va messo accanto a un altro fatto che, nell'attuale contingenza, risulta particolarmente espressivo. In un servizio esclusivo della RAI, realizzato a Kobane da quella straordinaria inviata speciale che è Lucia Goracci, le riprese televisive ci mostrano una parte della città riconquistata dai combattenti curdi dopo essere stata in mano per un periodo ai soldati dell'ISIS. La telecamera scorre sulle rovine della case distrutte dai bombardamenti e si sofferma su una parete rimasta in piedi sulla quale è dipinta un'immagine femminile non velata: l'immagine appare crivellata di colpi di kalashnikov. I guerriglieri hanno sfogato la loro rabbiosa insofferenza contro il senso di peccato rappresentato dalla donna accanendosi su un'immagine che evidentemente porta davanti ai loro occhi la colpa di apparire. L'immagine femminile non velata non è consentita neppure dipinta.

I due episodi esprimono due opposte sponde del fondamentalismo. La prima espone un sistema di pensiero ben radicato in alcuni strati della mentalità occidentale, dove la donna esiste solo nello spazio di fantasmi di cui costituisce l'oggetto di consumo. La seconda mostra un sistema di pensiero dove la donna non ha posto nello spazio pubblico, perché la sua sola apparenza esprime il male.

Il conflitto a cui stiamo assistendo oggi non è lo scontro di civiltà di cui si parla riprendendo pubblicisticamente il titolo di Huntington, ma un confronto molto più radicale che attraversa diagonalmente sia la civiltà occidentale sia il mondo islamico. La linea del fronte separa due forme opposte ma convergenti di fondamentalismi da un pensiero che è riduttivo definire laico, perché il problema non è semplicemente la sua separazione dalla religione. Da una parte troviamo infatti un mondo delle passioni tristi, fatto di trame, complicità, complotti, dall'altra incontriamo lo sforzo di potenziare la vita, sforzo forse dispersivo, incoerente, ma con una continua possibilità di auto-correzione, di mutare rotta, di cercare una propria via. Da una parte c'è il volto serio, incapace di sorriso, come ha ben messo in luce la nostra collega Cinzia Crosali nel testo pubblicato sul n° 460di Lacan Quotidien, dall'altra c'è la spinta mercuriale della vita per aggirare gli ostacoli, la penetrazione stringente della critica, la forza pungente della satira,la potenza del riso liberatorio che aveva trovato particolare espressione nelle donnine scanzonate delle vignette di Wolinski.

In occidente come nel mondo islamico la linea di divisione non passa tra differenti religioni, passa piuttosto tra una vita che può e vuole esprimersi, che non ha paura del riso né del femminile, e il fascismo interno a tutti noi, credenti o laici che siamo, un fascismo caratteriale che si chiude nello spazio fasullo di una fortezza identitaria per purificarsi da tutto ciò che è differenza, mobilità, novità, ricchezza, gioia incontrollata.
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